Dopo che in epoca villanoviana l’insediamento umano in Val di Chiana subì un sensibile incremento demografico, l’arrivo degli Etruschi mutò notevolmente il panorama della valle. L’area conobbe in effetti un periodo di grande floridezza, grazie ad efficaci tecniche di produzione agricola importate dagli etruschi e ai fiorenti commerci che essi avviarono. L’influenza delle lucumonie di Arezzo, Cortona e Chiusi permise una sistematica coltivazione delle terre chianine a cereali, specie il farro, molto apprezzato dagli etruschi. Inoltre la notevole portata d’acqua del Clanis consentì agli etruschi la sua navigazione con piccole imbarcazioni per il commercio di prodotti alimentari, manufatti e per il semplice transito umano e animale.
Gli etruschi attrezzarono una serie di piccoli porti presso le località lambite dal Clanis. Un esempio eloquente è dato da Brolio, oggi frazione di pochi abitanti nel comune di Castiglion Fiorentino, ma all’epoca fiorente località etrusca: nel 1863 furono qui rinvenuti numerosi bronzetti etruschi, votivi e non, risalenti a varie epoche ricomprese tra il VII e il V secolo a.C. e oggi noti con il nome di “Deposito di Brolio”.
Lo splendore e l’importanza della Val di Chiana in età etrusca è testimoniato anche dagli numerosi reperti archeologici provenienti dai vari centri chianini, specie dalle antiche lucumonie di Arezzo, Cortona e Chiusi.
Tra Foiano e Pozzo si segnalano circa 70 ritrovamenti tra necropoli e sepolture singole, che hanno dato alla luce numerosi tesori di pregio conservati ora nei musei della collegiata di Foiano, di Siena ed Arezzo. Molto interessante il ritrovamento in località Poggi Grassi di cui abbiamo una cronaca quasi in presa diretta. Durante lavori di campagna veiene alla luce un urna in marmo contenenti resti umani, un anello d’oro con corniolo rosso con testa di leone ed ampolle di vetro. L’iconografia e gli altri resti raccolti portano gli archeologi ad ipotizzare che il defunto fosse stato votato a Bacco o ad Osiride. Il tempio però ad oggi on è ancora stato trovato fatto salvo di alcuni documenti del Vasari in cui si parla di un edificio scoperto scavando le fondamenta del futuro tempio di S. Stefano alla Vittoria.
Ad Arezzo i resti delle antichissime mura etrusche di Castelsecco (VI-V secolo a.C.) fanno da contorno alle numerose vestigia rinvenute nel tempo. Tra esse rileva soprattutto la celeberrima Chimera (ultimo quarto del IV secolo a.C.), opera bronzea raffigurante l’omonimo animale mitologico e rinvenuta nei pressi della città il 15 novembre 1553, durante la costruzione di alcune fortificazioni medicee. Della stessa epoca è pure un altro bronzo aretino assai noto, la statua di Menrva, dea etrusca della saggezza, della guerra, dell’arte, della scuola e del commercio, corrispondente alla Minerva dei Romani.
A Cortona, come anche in altri luoghi della Val di Chiana aretina, sono stati ritrovati manufatti di gran pregio, come il celebre Lampadario in bronzo (IV secolo a.C.), statuette, vasellame, oggetti di oreficeria e utensili vari. Si tratta per lo più di materiale rinvenuto con la scoperta di necropoli (celebre quella del Sodo, nel comune di Cortona) o di rovine di antichi centri etruschi (come al Melmone di Brolio, in cui sono state riportate alla luce le tracce delle antiche fondamenta di abitazioni[9]).
A Chiusi, oltre ai resti delle mura etrusche, testimoniano l’antico splendore della città le due grandi necropoli site nei pressi del borgo. Una è la necropoli detta appunto “di Chiusi”, ove sorgono le celebri tombe “della Scimmia” (fine V secolo a.C.), “del Leone” (IV secolo a.C.) e “della Pellegrina” (IV-II secolo a.C.). L’altra è la necropoli di Poggio Gaiella, nota soprattutto per l’imponente complesso di ipogei collegati tra loro da una fitta rete di cunicoli che si estendono, come un labirinto, per tutti i sotterranei della città vecchia. Scoperti nella prima metà del XIX secolo, tali cunicoli furono in un primo tempo ritenuti dagli archeologi parte integrante della tomba del re etrusco Porsenna: questi, secondo la leggenda, sarebbe sepolto proprio al centro di un grande labirinto, in un sarcofago d’oro, all’interno di un carro trainato da 4 cavalli d’oro e accompagnato da una chioccia con 5000 pulcini, anch’essi d’oro. L’ipotesi ha fatto sì che tutt’oggi i cunicoli siano noti anche come “Labirinto di Porsenna”, anche se ormai si concorda che si tratti di un acquedotto etrusco del V secolo a.C.[10].